Confluences, disegnato da Philippe Nigro per Ligne Roset
Articolo a cura di Jole Paolantonio
In un recente post Adele ha parlato della dualità luce-ombra; entrambe necessarie e sufficienti l’una all’altra perché l’uomo ne possa essere consapevole, rappresentando uno degli innumerevoli esempi del concetto di unità nella dualità.
Sempre con Adele, quando ancora frequentavamo assieme
l’università, è successo di affrontare questo tema andando però ad estrarre una
sorta di “etimologia concettuale” dal mondo dei miti. La scoperta che facemmo
fu davvero interessante ed originale e in questo post cercherò brevemente di
restituirvela.
il dio Teshub il dio Thor
Già nelle epoche antiche e in diverse
culture talvolta distanti l’una dall’altra, la dualità era sinonimo di forza,
di una forza incarnata in una divinità. Essa era espressa raffigurandoli con due volti o con in
mano un'arma doppia oppure con il duplice effetto che la divinità poteva
arrecare all’uomo. Il simbolo che più rappresenta la dualità nella divinità era
l’ascia bipenne.
Nella civiltà ittita il dio Teshub è rappresentato con
l’ascia doppia; nella civiltà nordica il famoso dio Thor è armato di martello
che per la sua forma a “T” è l’esatto equivalente della bipenne. Queste divinità sono accomunate non solo
dall’arma, ma anche da un duplice potere, solitamente uguale e contrario, che
fa di loro divinità temute ma al contempo venerate.
Sappiamo che queste divinità sono successivamente
decadute, lasciando spazio all’allora predominante civiltà greca e a
quell’insieme di miti che tutti noi studiamo a scuola. Un mito che ci affascina
sempre è quello del labirinto e il terribile Minotauro che si cela in esso.
Il simbolo del labirinto rappresenta la metafora di un
mondo espressione del caos, un mondo in cui il dio decaduto, il Minotauro, si
rifugia. Ed è stato proprio in quel momento che abbiamo scoperto l’interessante
etimologia concettuale di cui sopra.
Andando a cercare l’etimologia della parola “labirinto” è emersa la stessa radice con la parola “ascia bipenne”. Infatti Labrys e' l'ascia doppia, parola portata nell'Asia Minore dalla Mesopotamia, per cui abbiamo: Labirinto = casa della doppia scure.
Il labirinto è quindi l’espressione
della dualità della compatta unità del proprio groviglio di strade; ma
rappresenta anche un modus operandi in cui si operano una serie di scelte (le
diramazioni del labirinto) che portano ad una soluzione (l’uscita).
Light Tower, Made by Makers, Normann Copenhagen
Questo breve excursus vi sarà sembrato fuori luogo in un blog di design, eppure pensate a quanti progetti operano su un concetto simile. Che si tratti di un’espressione estetica o più intrinseca, la dualità è insita negli oggetti. Basti pensare alla tendenza di avere oggetti che abbiano più funzioni, oppure oggetti trasformabili, che rivelano una natura inaspettata.
1 commento:
Che ricordi, amica mia!
Grazie del post, molto interessante. Approfondiremo presto l'argomento!
Posta un commento